Siamo arrivati all’isola di Socorro alle prime luci dell’alba.
Quest’isola, così come Clarion più avanti, è un paradiso per le immersioni subacquee; ci sono mante giganti, squali balena, squali tigre, e sicuramente balene in quanto una ci è venuta ad accogliere al nostro arrivo. L’accesso a queste isole è rigidamente controllato dalla marina messicana alla quale è necessario richiedere l’autorizzazione per poter ancorare. Tale autorizzazione ci è stata concessa via radio, avendo noi spiegato che dovevamo controllare alcuni strumenti della barca e che saremmo ripartiti il giorno successivo. Molto cortesemente ci hanno indicato di ancorare nel canale di ingresso, unica area con fondale di sabbia.
Dopo appena 10 minuti da quando avevamo finito di ancorare, siamo stati abbordati dal barcone del “sector naval” con 7-8 militari bardati di tutto punto con fucili e passamontagna. Uno di loro è salito a bordo ed ha completato una decina di fogli per registrare l’ingresso della nostra barca. Il poveretto, vista l’elevata temperatura, si è subito tolto il passamontagna rivelando le fattezze di un simpatico ragazzone. Si è compiaciuto che noi parlassimo un po’ di spagnolo, fatto che gli ha semplificato la compilazione dei numerosi fogli. Prima di salutarci calorosamente, ci ha offerto aiuto in caso di bisogno, inclusa l’assistenza di un medico militare presente nel presidio. La giornata è passata pigramente tra un lavoretto e l’altro e ci siamo concessi una rigenerante doccia in previsione di future restrizioni. Tra le altre cose, abbiamo attrezzato il pulpito con fascette di plastica per impedire l’atterraggio delle sule; infatti, spesso questi uccelli cercano un “passaggio” per riposarsi, con conseguente rilascio di escrementi di difficile pulizia.
Socorro, l’ultima terra
Siamo arrivati all’isola di Socorro alle prime luci dell’alba.
Quest’isola, così come Clarion più avanti, è un paradiso per le immersioni subacquee; ci sono mante giganti, squali balena, squali tigre, e sicuramente balene in quanto una ci è venuta ad accogliere al nostro arrivo. L’accesso a queste isole è rigidamente controllato dalla marina messicana alla quale è necessario richiedere l’autorizzazione per poter ancorare. Tale autorizzazione ci è stata concessa via radio, avendo noi spiegato che dovevamo controllare alcuni strumenti della barca e che saremmo ripartiti il giorno successivo. Molto cortesemente ci hanno indicato di ancorare nel canale di ingresso, unica area con fondale di sabbia.
Dopo appena 10 minuti da quando avevamo finito di ancorare, siamo stati abbordati dal barcone del “sector naval” con 7-8 militari bardati di tutto punto con fucili e passamontagna. Uno di loro è salito a bordo ed ha completato una decina di fogli per registrare l’ingresso della nostra barca. Il poveretto, vista l’elevata temperatura, si è subito tolto il passamontagna rivelando le fattezze di un simpatico ragazzone. Si è compiaciuto che noi parlassimo un po’ di spagnolo, fatto che gli ha semplificato la compilazione dei numerosi fogli. Prima di salutarci calorosamente, ci ha offerto aiuto in caso di bisogno, inclusa l’assistenza di un medico militare presente nel presidio.
La giornata è passata pigramente tra un lavoretto e l’altro e ci siamo concessi una rigenerante doccia in previsione di future restrizioni. Tra le altre cose, abbiamo attrezzato il pulpito con fascette di plastica per impedire l’atterraggio delle sule; infatti, spesso questi uccelli cercano un “passaggio” per riposarsi, con conseguente rilascio di escrementi di difficile pulizia.