Raroia, Tuamotu

All’alba dell’11 Giugno abbiamo issato le vele con destinazione Raroia, l’isola che abbiamo scelto per atterrare alle Tuamotu.

L’arcipelago delle Tuamotu, che occupa un’area comparabile all’Europa Occidentale, presenta 80 isole, anzi atolli, completamente diversi dalle Marchesi. Di questa ampia area l’effettiva terra emersa è di soli 885 km quadrati.

Gli atolli sono scogliere coralline, di struttura più o meno circolare che racchiudono una laguna interna collegata all’oceano tramite uno o più canali, le cosiddette “pass”, attraverso le quali si può entrare o uscire in orari specifici legati all’andamento della marea. Gli atolli vengono a formarsi quando un’isola, generalmente di natura vulcanica, comincia a collassare ed a sprofondare sott’acqua a causa del progressivo cedimento del fondale sotto il peso del vulcano stesso e di tutti i sedimenti che si accumulano al di sopra. Man mano che l’isola si immerge, si osserva una corrispondente crescita verso l’alto di barriere coralline che vanno a costituire l’anello dell’atollo.

Schema di formazione degli atolli

In passato l’arcipelago delle Tuamotu era noto come “arcipelago pericoloso”, in quanto la mancanza di strumenti di rilevazione precisi rendevano la navigazione estremamente difficile. Oggi, con l’avvento del gps e delle previsioni meteo più accurate, è possibile per molti più navigatori accedere a questo paradiso. Permangono alcuni problemi che vanno affrontati in ogni nuovo atollo. Il primo è il passaggio della pass che deve avvenire idealmente in assenza di corrente entrante o uscente a causa della marea, ciò al fine di evitare non solo correnti che possono raggiungere i 6 nodi e oltre, ma anche le conseguenti onde frangenti. Ciò significa che l’ingresso o l’uscita da un atollo è possibile all’incirca ogni sei ore. In realtà altri fattori come il vento forte determinano uno slittamento degli “orari di marea”, rendendo un po’ più complessa la pianificazione del transito. La buona nuova è che è possibile entrare o uscire dalla maggior parte delle pass anche in anticipo o in ritardo rispetto al momento ideale, adottando alcune precauzioni, per esempio passando dal lato sopravento del canale invece che al centro dove le onde e la corrente sono più forti. Una seconda difficoltà che si incontra una volta entrati nella laguna è raggiungere la zona di ancoraggio facendo lo slalom tra i “boomies”, ovvero teste di corallo più o meno estese e affioranti. Per prevenire le collisioni si utilizzano sia le foto satellitari disponibili in appositi programmi, sia la navigazione a vista che dovrebbe avvenire con il sole alle spalle o sopra la testa, ovviamente in assenza di nuvole. 

Sistema di ancoraggio con galleggianti

Un’ulteriore difficoltà è costituita dalla presenza delle stesse formazioni coralline, onnipresenti, che seppur spesso di dimensioni ridotte, creano seri problemi all’ancoraggio, soprattutto se, quando il vento cambia direzione, la barca gira; in questi casi ci sono alte probabilità che la catena rimanga incastrata nelle formazioni coralline. Per questo motivo, mentre si fila la catena si agganciano dei galleggianti che hanno il compito di sollevarla dai potenziali ostacoli e permettere alla barca di girare senza (quasi…) problemi. Altrettanto importante, con questa tecnica si preserva l’integrità delle formazioni coralline!

Arrivo a Raroia

Il 14 giugno abbiamo raggiunto l’atollo di Raroia dopo 420 miglia nautiche e 3 giorni di navigazione con un bel vento di traverso che ci ha accompagnato per tutto il viaggio.

Appena terminato l’ancoraggio due velisti ci hanno avvicinato proponendoci di unirci a loro per raggiungere il villaggio dove l’unico “ristorante” dell’isola, a conduzione famigliare, aveva quel giorno predisposto il pranzo. Senza troppi indugi abbiamo accettato ed abbiamo così conosciuto Ruby e Ron, due navigatori solitari americani con cui abbiamo condiviso un eccellente pasto a base di tonno cucinato in tutte le salse, nonché alcune belle passeggiate nei giorni seguenti.

In barca veloce con Ron e Ruby dalla zona di ancoraggio al villaggio
Arrivo al villaggio di Raroia
Pranzo al “ristorante”
Il villaggio di Raroia

A Raroia è naufragata la zattera di Kon-Tiki, condotta da Thor Heyerdahl, un antropologo norvegese che nel 1947 raggiunse la Polinesia Francese partendo dal Perù, con l’intento di provare l’origine sudamericana dei popoli polinesiani. A memoria di questo evento è stato eretto un “monumento”che abbiamo trovato, con una certa difficoltà, nel folto della boscaglia dove, peraltro, centinaia di uccelletti bianchi hanno costruito il loro nido.

L’ancoraggio a Raroia
Il “monumento” a Kon-Tiki
Ron e Ruby a Raroia

Sicuramente le isole delle Tuamotu sono più vicine all’immaginario della Polinesia Francese rispetto alle Marchesi. Per le acque cristalline, i colori del mare e la ricchezza dei fondali, Raroia sembra essere un ottimo punto di partenza!

Nuku Hiva e Ua Pou
Makemo

Discussion

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    clara montesissa — 31 Luglio 2024 at 12:08 pm

    Un aggiornamento atteso e molto istruttivo, grazie. Chissà quanti bagni meravigliosi e quanti pesci strani anche all’interno dell’atollo

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